Territorio dall’antica tradizione vitivinicola, il Lazio è la regione dalle ricchezze nascoste dove mare, laghi e vulcani spenti creano le condizioni ideali per produrre vini tipici e ben definiti. Grazie ai greci la vite era già coltivata nella regione prima della nascita di Roma, ma le popolazioni locali si dedicavano principalmente all’attività di pastorizia. Fu l’incontro con gli Etruschi ad accendere la passione per il vino, che oltre ad essere utilizzato nelle offerte sacrificali cominciò ad essere gustato anche per i suoi effetti inebrianti. Questo stimolò la diffusione della vite in tutta la penisola e nelle province dell’Impero e nacque l’esigenza di migliorare le tecniche colturali e di vinificazione, descritte poi da molti scrittori latini come Varrone, Catone, Columella e Plinio. Il Lazio diventò quindi il primo centro di produzione dei grandi vini del passato come Cecubo, Albano, Tusculano e Veliterno.
Nel Medioevo, la regione divenne quasi stabilmente sede del papato e tutta la conoscenza sulle tecniche enologiche fu custodita con cura nei monasteri, visto che “senza vino non si dice messa”. Il vescovo tedesco Johannes Defuk, grande appassionato di vino, durante la sua discesa verso Roma incaricò il suo coppiere Martino di individuare, lungo il percorso, il migliore vino che veniva poi segnalato con la scritta “est” (ovvero c’è) proprio vicino alla porta d’entrata della locanda. Defuk, quando arrivò a Montefiascone, trovò il triplo rafforzativo che premiò il bianco di questo territorio: EST! EST!! EST!!!
Così, una volta terminata la missione, Defuk, decise di tornare a Montefiascone, luogo in cui rimase per il resto della sua vita. Si narra infatti che due anni dopo morì per colpa di una malattia legata proprio all’eccessivo consumo di questo vino.
Il vino continuò a rimanere tra le mura del clero, infatti, durante il pontificato di Paolo III Farnese apparve per la prima volta una carta dei vini curata dal bottigliere pontificio, che era anche storico e geografo. Egli non si occupava solo di reperire il vino migliore per la corte papale, ma ne descriveva il colore, i profumi e il gusto; una sorta di sommelier che si cimentava anche nell’abbinamento cibo-vino.
Dalla metà dell’Ottocento fino ai primi anni del Novecento, grazie all’avvento della moderna enologia, i vini laziali hanno conosciuto un grande successo, anche sui mercati esteri. Purtroppo, come per le altre regioni, la diffusione della fillossera ha ridotto drasticamente la produzione vinicola, che però, in questa regione, resta molto variegata.
La regione Lazio oggi vanta una superficie vitata di circa 25.000 ettari dislocati tra mare, laghi, colline, boschi e vulcani spenti. Il territorio, pertanto, è particolarmente eterogeneo, caratterizzato da un clima mediterraneo sulla costa e continentale verso l’interno, con forti escursioni termiche diurne e stagionali. Inoltre, la presenza di numerosi laghi crea microclimi eterogenei e i terreni vulcanici, misti di tufo friabile e ricchi di fosforo e potassio, garantiscono alle uve una maturazione ed una sapidità eccellenti.
Insomma, un ottimo terroir che si adatta sia alle varietà autoctone sia alle grandi varietà internazionali. Il versante appenninico, che fa parte dei grandi massicci centrali di antica origine geologica, è costituito essenzialmente da rocce calcaree permeabili.
Scendendo verso sud, alla destra del Tevere, si trovano tre gruppi montuosi di origine vulcanica, che degradano verso la costa pianeggiante e la maremma laziale, i cui crateri principali sono occupati dai laghi di Bolsena, Vico e Bracciano. Questa è una zona particolarmente vocata in quanto i terreni sono di buona struttura lavico tufacea.
Al di là del Tevere sono presenti altre zone collinari arenacee e marnose: i monti Albani, anch’essi di origine vulcanica e ricchi di potassio, nei quali troviamo i laghi di Albano e di Nemi e, infine, i monti Lepini, Ausoni e Aurunci, di origine calcarea.
La pianura di Tarquinia e l’Agro Pontino, invece, presentano terreni permeabili, con sabbia, limo e argilla.
La mappa regionale dei vini di qualità conta 26 DOC, 3 DOCG e 6 IGT.
Castelli Romani
La zona di produzione dei Castelli Romani è la più importante del Lazio e si estende in provincia di Roma, in particolare ai piedi dei colli Albani dove si producono le prime due DOCG: Frascati Superiore DOCG e Cannellino di Frascati DOCG. I terreni ricchi di minerali ed il clima temperato, per la numerosa presenza di laghi, rendono questa zona particolarmente vocata per le varietà tradizionali: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, il Bombino ed il Bellone per i vini bianchi; il Cesanese d’Affile e di Olevano Romano, il Nero Buono, il Sangiovese per i vini rossi.
Frosinone
Nella provincia di Frosinone, in particolare alle pendici dei Monti Ernici, ritroviamo la DOCG Cesanese del Piglio. Qui i terreni assumono una colorazione rosso scuro imputabile alla presenza di ossidi di ferro in quanto si sono originati per decalcificazione di rocce sedimentarie calcaree. Il suolo, dunque, assume caratteri fisici molto vari: troviamo terre rosse pesanti con tessitura argillo-limosa e terre rosse sciolte aventi detriti di natura calcarea. Questa diversità dona ai vini freschezza ed eleganza.
Lago di Bolsena
Nei pressi del Lago di Bolsena, nella provincia di Viterbo, nasce la storica e famosa zona della denominazione “Est! Est! Est! di Montefiascone DOC”. Vengono per lo più allevate varietà a bacca bianca come il Trebbiano Toscano (localmente noto come "procanico"), il Trebbiano Giallo (Roscetto), la Malvasia del Lazio ed il Grechetto.
Gradoli
Nella zona di Gradoli, a nord del lago di Bolsena, incontriamo l’Aleatico nella Doc Aleatico di Gradoli. Altri vitigni rossi della Tuscia Viterbese sono il Canaiolo, il Montepulciano (Violone), il Sangiovese ed il Merlot.
Latina
Nella provincia di Latina la viticoltura è diffusa soprattutto nell’Agro Pontino. Queste terre sono state rese coltivabili, sul finire degli anni trenta, dopo numerose opere di bonifica. Qui si trovano in particolar modo vitigni internazionali come Syrah, Merlot, Cabernet Franc, Petit Verdot e Chardonnay. Tra i pochi vitigni autoctoni della zona spiccano il Nero Buono, originario di Cori, ed il Moscato di Terracina.
Rieti
Infine, la provincia di Rieti, con il suo clima continentale caratterizzato da umidità elevate ed inverni rigidi vanta una sola denominazione: Colli della Sabina DOC. Qui si ottengono sia vini rossi da uve Sangiovese e Violone e i vini bianchi principalmente dalla Malvasia del Lazio, il Trebbiano Toscano e Trebbiano Giallo.
Negli ultimi anni, il Lazio si è distinto per un interessante lavoro di riscoperta degli autoctoni, tendenzialmente orientato alla produzione di vini di pregio e al recupero di un legame profondo con il territorio.
In tutta le regione sono ammessi alla coltivazione oltre 60 vitigni. Tra questi, prevalgono nettamente le uve a bacca bianca (più del 75%), in particolare Trebbiano e Malvasia di Candia, Malvasia del Lazio, Trebbiano Giallo e Bellone.
Il sistema di allevamento più diffuso è stato sempre quello tradizionale, a tendone, ma negli ultimi anni si sta sostituendo con cordone speronato e guyot. Per la produzione di uve rosse i vitigni più diffusi appartengono alle cultivar Merlot, Sangiovese e Montepulciano e in misura ridotta gli autoctoni Cesanese e Nero Buono.
A differenza dei bianchi, i vitigni internazionali a bacca nera la fanno un po’ da padrone, essendo diffusi su tutto il territorio regionale e regalando bei vini a base di Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Syrah. Tutti concorrono con le proprie doti di morbidezza, struttura o aromaticità a regalare vini di notevole pregio.
Sangiovese e Montepulciano
Vitigni molto diffusi nel Lazio e in tutto il Centro Italia, in questo caso non danno vini di elevata qualità e vengono utilizzati soprattutto in blend.
Cesanese
Si suddivide in “comune” e di “Affile” e anche se poco diffuso in termini di produzione, è di certo un vitigno molto storico e rappresentativo, al punto che la Coldiretti impiantò un vigneto di Cesanese di Affile anche a Castel Gandolfo, nella fattoria dell’allora Papa Benedetto XVI, proprio a richiamare lo stretto legame tra questo vitigno e il territorio laziale. Oggi, a fronte di un forte miglioramento qualitativo, da questo vitigno si producono vini dotati di buon corpo, morbidi, alcolici e piacevolmente speziati.
Aleatico
Vitigno di origine greca, già conosciuto al tempo degli Etruschi, viene allevato principalmente sui Monti Volsini, dove si produce l’Aleatico di Gradoli, un vino dolce, con sentori di amarena e muschio.
Canaiolo Nero
Diffuso principalmente sui Colli Viterbesi, regala un vino dai profumi di ciliegie e sottobosco, dotato di una gran bella struttura e abbastanza tannico.
Nero Buono
Considerato dai più un vitigno autoctono laziale, purtroppo per la sua sensibilità alla peronospora la produzione è andata via via diminuendo sempre più, restando, oggi, limitata maggiormente alla provincia di Latina e, in particolare, al comune di Cori, al punto da essere conosciuto anche con l’appellativo di Nero Buono di Cori. In quest’area le correnti e i venti dei Monti Lepini riducono drasticamente il rischio di causare peronospora e, pertanto, ha trovato qui il suo terroir di elezione. Usato da molti per “rinforzare” il colore dei vini, grazie alla sua forte presenza di antociani, da qualche tempo viene anche prodotto in purezza, regalando vini strutturati e dai tannini eleganti.
Trebbiano Toscano
Detto anche Procanico, a dispetto del nome è il vitigno laziale più diffuso, con oltre il 30% di copertura del vigneto regionale. Regala vini molto profumati e morbidi.
Malvasia Bianca di Candia
Anche in questo caso il nome ci porta lontano: Candia è il nome con il quale i veneziani chiamavano Creta, dal nome della “candida” pietra utilizzata per costruire le abitazioni del capoluogo Heraklion. Anch’essa molto diffusa nel Lazio con quasi il 30% di produzione, regala vini aromatici e sapidi. Vitigno da cui si ottiene, in blend, il famoso Frascati.
Malvasia del Lazio
Discorso a parte merita questa malvasia, detta anche puntinata. Qualitativamente superiore a quella di Candia, ha perso terreno nei suoi cofronti – non arrivando nemmeno al 5% della produzione regionale – per la sua sensibilità ad essere attaccata dalle malattie della vite. Oggi si vinifica anche in purezza e regala vini con sentori intensi di magnolia e mela ed è dotata di un’elevata sapidità e alcolicità.
Bombino Bianco
Un tempo molto più diffuso al punto da essere citato nel pamphlet di Acerbi, “Delle viti italiane”. Allevato principalmente in provincia di Roma, viene utilizzato in blend per la sua discreta freschezza
Moscato di Terracina
Diffuso nel Sud del Lazio e portato qui dai coloni greci, regala un vino molto aromatico, al punto da produrlo anche in versione passito e spumantizzato, per accentuare i marcati sentori di rose e salvia.
Bellone
Di sicuro un vitigno circoscritto nelle zone di Latina e di Nettuno, dove è conosciuto con il nome di cacchione, regala un vino da gustare giovane, che rimanda ai profumi di pesche e miele.
Greco
Coltivato soprattutto in provincia di Viterbo, lo si può ritrovare sia in versione secca che spumantizzata.
Passerina
Vitigno che dà il nome all’IGP Passerina del Frusinate; regala vini molto freschi e con intensi profumi di fiori di sambuco.
Anche i vitigni internazionali come Sauvignon blanc, Pinot bianco e Chardonnay vengono vinificati in purezza, ma trovano poco spazio nel vasto panorama vitivinicolo bianchista del Lazio.
Il Lazio si rivela davvero una regione enologica straordinaria, ancora da scoprire in tutta la sua eterogeneità. Cantine storiche e piccole giovani realtà si impegnano a far luce su quella tradizione vitivinicola che appartiene da sempre a questa regione, puntando sulle caratteristiche distintive territoriali e sul meraviglioso connubio con la speciale tradizione culinaria fatta di coda alla vaccinara, trippa, abbuoto (conosciuti fuori regione come mugliatielli, turcinelli o gnummareddi), cacio e pepe e amatriciana.