Freddo intenso, borghi ormai disabitati, ma anche una bellissima costa, con spiagge estese e ventilate. Se la Basilicata è stata la terra degli Enotri, dal greco “oinos” che significa vino, un motivo ci sarà! Una sola regione, mille anime: quella osca e guerriera, ma anche greca, anzi, magnogreca. Colonie come Eraclea, Metaponto, Nova Siri, Ferrandina e Pisticci, solo per citare le città più antiche e famose. Una regione che passa dalle fitte nevicate dell’entroterra potentino, alle estati calde e afose della costa metapontina. Qui c’è tutto, ma c’è soprattutto lui, che si erge maestoso: il Monte Vulture.
Enotria prima, Lucania poi. Furono questi gli antichi nomi dell’attuale Basilicata e in essi c’è tutta la storia di questi popoli. Abitata fin dal paleolitico, ha visto nei secoli successivi dapprima l’occupazione da parte degli enotri (popoli provenienti, probabilmente dall’antica città greca di Micene), poi dei lucani e, infine, dei greci. Molti storici convengono sull’etimologia del termine “lucano” che deriverebbe o dal latino “lucus”, "bosco", oppure dal greco “lykos”, “lupo”. In entrambi i casi, ci troviamo di fronte a un popolo abituato a vivere nell’entroterra e dedito alla pastorizia.
La storia cambia con la venuta dei greci, i quali - in molte aree dell’attuale Basilicata - fondano le proprie colonie, popolano l’area di contadini e di mercanti, danno vita a importanti scambi commerciali e a disquisizioni filosofiche che daranno luce a personalità di spicco: uno tra tutti, Ippaso di Metaponto che, in compagnia del suo maestro Pitagora, diffuse il messaggio universale della sapienza.
Il territorio della Basilicata è quasi equamente distribuito tra montagna e collina, con un clima prevalentemente continentale. Anche i terreni sono diversi a seconda delle zone: l’area collinare di Matera con terreni argillosi e sabbiosi; la collina ionica di Metaponto con inverni miti ed estati calde e ventilate dove malvasia e greco hanno trovato il loro habitat ideale; e, infine, la zona del Vulture che con tutta la sua peculiarità di vulcano spento e con i terreni ricchi di sabbia, limo, tufo, argilla e potassio (di matrice vulcanica), dona vita a uno dei più grandi vini del Sud.
4000 ettari; circa 180.000 ettolitri di vino prodotti; l’aglianico del Vulture occupa oltre il 60% della produzione vitivinicola regionale e più del 90% della produzione dei vini a marchio DOP e IGP. Seppur i vitigni a bacca bianca, di solito, prediligono il clima continentale, in Basilicata questa regola è stata sovvertita, al punto che oltre il 90% della produzione si ottiene da vitigni a bacca nera e, ovviamente, dall’Aglianico del Vulture. Ciò a conferma del legame indissolubile tra questo vitigno e la terra lucana.
Ci troviamo di fronte a una regione unica nel suo genere. Una forte identità, rappresentata dal suo vino di maggior fama, volutamente mostrata come testimonianza di un passato glorioso e ricco di storia. C’è poco da girarci intorno: l’antica Enotria prima, la Lucania poi e l’attuale Basilicata è stata da sempre terra di vini e lo attestano i ritrovamenti di un antico torchio e di una moneta coniata a Venosa nel IV sec. a.C. raffigurante Dioniso greco, ricondotto poi al Bacco latino.
Basterebbe già solo questo per riservare il massimo rispetto ad una terra che ha fatto l’Italia: «La regione, che ora chiamasi Italia, anticamente tennero gli Enotri; un certo tempo il loro re era Italo, e allora mutarono il loro nome in Itali». (Antioco da Siracusa). E, ancora, Virgilio conferma che «Dagli Enotri cólta, prima Enotria nomossi: or, com'è fama, preso d'Italo il nome, Italia è detta».
Nord-est
A nord-est, il Vulture la fa da padrone con oltre il 50% di superficie vitata. Il re incontrastato è sempre lui: l’Aglianico del Vulture DOCG. Potenza, struttura, grande acidità che bilancia perfettamente una elevata tannicità. Colore rosso rubino intenso, naso elegante, ricco di sentori di frutta rossa matura, con note di liquirizia e spezie. Un vino destinato ad essere conservato per anni e che riposa tradizionalmente in botti grandi;
Val d'Agriscendendo e arrivando in provincia di Potenza troviamo la Val d’Agri, una zona caratterizzata da terreni ricchi di sabbia e argilla, con forti escursioni termiche e che danno il meglio nelle due denominazioni dell’area: Terra dell’Alta Val d’Agri, una DOC ottenuta dal blend di Merlot e Cabernet Sauvignon, vitigni che qui si sono adattati benissimo e il Grottino di Roccanova, una DOC ottenuta da uve Sangiovese, almeno per il 60% fino all’85% e la restante parte ripartita equamente tra Montepulciano, Malvasia Nera e Cabernet Sauvignon. Nella versione “Bianco”, invece, l’80% deve essere Malvasia Bianca e la parte restante qualsiasi varietà non aromatica e autorizzata per la regione Basilicata;
Costa Ionicascendendo ancora e andando verso la costa ionica ci ritroviamo in compagnia del Matera DOC, dove di sicuro a fare la parte del leone è il Primitivo, ma per il fatto che di questa denominazione si possono ottenere ben sei tipologie, concorrono in misura rilevante anche tutti gli altri vitigni della Regione. Esse sono Matera Rosso, Primitivo, Moro, Greco, Bianco e Spumante e ci ritroviamo, oltre al Primitivo, anche l’Aglianico, il Cabernet, il Sangiovese, il Merlot, la Malvasia Bianca e il Greco Bianco.
La viticoltura lucana è tutta concentrata sulla produzione del vino più importante: l’Aglianico del Vulture, destinando ad esso più del 50% della produzione. La restante parte vede percentuali molto basse di Sangiovese, Montepulciano, Malvasia Nera di Brindisi, Merlot e Cabernet Sauvignon.
Aglianico del Vulture
È di sicuro il vitigno che domina tutta la storia e la viticoltura lucana. Allevato anche fino a 700 metri, la produzione maggiore si concentra tra i 300 e i 500 metri, anche per godere della più bilanciata escursione termica e del migliore irraggiamento solare.
Diventato vino DOC nel 1971, solo nel 2010 si è finalmente riconosciuto l’Aglianico del Vulture Superiore DOCG. È un vino dal colore intenso e impenetrabile, dotato di una spiccata acidità in grado di bilanciare la fitta trama tannica di un vino piacevolmente persistente. Riposa in botti per guadagnare quell’equilibrio che gli anni gli conferiscono. La zona di elezione è appunto quella del Monte Vulture, con i suoi oltre 1300 metri di altezza, al nord della regione tra i comuni di Melfi, Barile e Rionero.
Sangiovese
È uno dei pochi vitigni che riesce ad arrivare in doppia cifra per quanto riguarda la produzione regionale. Viene utilizzato in blend, nella denominazione Grottino di Roccanova, insieme a Montepulciano e Malvasia Nera. Una particolarità di questo vino è data dal fatto che le botti dove riposa vengono collocate in cantine scavate nelle rocce di tufo. Tra la città e le contrade limitrofe se ne contano più di trecento, dove i livelli costanti di umidità e temperatura, permettono al vino di conservarsi al meglio.
Merlot e Cabernet Sauvignon
Anche l’apporto dei due più famosi vitigni internazionali è stato utile per esprimere al meglio le note erbacee e l’eleganza nella denominazione Terre dell’Alta Val d’Agri.
Guarnaccino
Una nota a margine è giusto riservarla a questo vitigno, il cui nome sembra derivi dall’etimo “garantire”. Molto probabilmente, essendo l’unico vitigno autoctono della regione (insieme all’Aglianico del Vulture), si era perfettamente integrato con il territorio circostante, al punto da “garantire” sempre la vendemmia dell’anno. Allevato principalmente nel territorio di Chiaromonte, sul Pollino, nelle vicinanze di Senise (località famosa per il peperone crusco), resiste bene agli attacchi fungini e “consente” di intervenire molto poco in vigna.
La produzione dei vini bianchi, in Basilicata, è davvero molto contenuta, non arrivando nemmeno al 10% della superficie regionale vitata e regalando buone espressioni di vini dolci.
Malvasia Bianca di Basilicata
È un vitigno che, come le altre Malvasie, deriva da una variazione contratta di “Monemvasia”, roccaforte bizantina dove si producevano vini dolci. Vitigno aromatico che regala anche una nota sapida e agrumata.
Muller Thurgau e Traminer Aromatico
Pur essendo vitigni tipicamente nordici, in Basilicata hanno trovato un terroir ideale. Suoli vulcanici e forti escursioni termiche esaltano l’aromaticità delle uve e rappresentano un esperimento riuscito.
Greco
Grazie a questo vitigno si è potuto riservare l’unica denominazione per un bianco lucano: il Matera DOC. Esso regala delicati profumi di ginestra ed è caratterizzato da una elevata acidità.